insegnare filosofia con un blog

Lo ammetto, stavolta ho copiato! Leggendo i vari post con bookmark “filosofia” in Diigo, mi sono imbattuta in questo articolo, davvero molto interessante e non ho potuto fare a meno di inserirlo qui nel mio blog. L’ho rubato al blog di Tiziana, che non so chi sia, ma che ringrazio di cuore!

“In nome della madre” (Erri De Luca)

L’origine della Vita con gli occhi attenti della donna forte, coraggiosa, sicura. Il tutto raccontato da un uomo.

Il racconto va dall’annunciazione a Maria/Miriàm alla nascita di Gesù in una grotta. Nelle poche pagine che compongono il libro si snoda una serie di dialoghi con Giuseppe/Joseph, o interiori, che mostrano il “sì” solido, certo, sicuro di una ragazza.

Mi viene in mente che la certezza di credere in qualcosa, l’assenso pacato ma sicuro a qualcosa di grande che ognuno di noi individuerà in ciò che vuole, dà la forza e la gioia dell’agire. Mi viene in mente che bisognerebbe avere dei punti fermi nella vita, pochi, e da lì trarre tutta la forza necessaria. Ma dolcemente, questo è essenziale.

Valutazione, brutta bestia….

Oggi vorrei parlare di un elemento dell’insegnamento che è la mia spina nel fianco, e cioè la valutazione. Mi succede un po’ la stessa cosa che mi accade quando invito amici a cena: io amo molto cucinare, preparo una cena buonissima, ricevo un sacco di complimenti, e poi quando arriva il momento fatidico in cui uno chiede: si può avere un caffè?, rimango sempre spaesata e sprovvista. Io il caffè non lo bevo, mai presa una tazzina in vita mia, e a casa mia il caffè non esiste. Lo compro per gli ospiti, ma fatto una volta ogni tanto fa schifo! Vabbè. Stessa storia con la valutazione. Mi preparo le lezioni, cerco di dare il meglio, cerco di stimolare il pensiero e il dialogo, la ricerca e la riflessione, poi arriva, inevitabile, il momento di dare il voto….. E qui mi areno. Perchè trovo una difficoltà immensa ad esprimere voti precisi, soprattutto nelle mie materie (filosofia e storia). Come si dà 7+ invece che 7-? Se occorre utilizzare tutta la scala, chi prenderà 10? E come si fa a distinguere tra un 4, un 3 o un 2? Come si stabilisce la sufficienza? Capiamoci. Ho letto migliaia di post, articoli, libri al riguardo, ma devo dire che alla fine trovo sempre luoghi comuni ben poco realizzabili nella pratica. Forse cerco un’obiettività che non c’è, anzi sicuramente è così.

E c’è di più. Nel cambiamento della didattica, mi succede che più mi ingegno (con molta soddisfazione) a trovare modi innovativi di insegnare/apprendere e più diventa difficile il momento della valutazione. Mi spiego meglio. E’ relativamente “facile” valutare dopo aver fatto una lezione frontale su, poniamo, Platone. C’è il libro di testo, ci sono gli appunti: basta trovare una scala che misuri quanto quello che l’alunno mi racconta collima con la lezione e il libro di testo. Facile, ma improduttivo. Molto più difficile dare una valutazione quando la “lezione” è stata, magari, un lavoro di ricerca, un lavoro di gruppo (come valutare chi ha lavorato e chi è stato “a rimorchio”?), una scrittura collettiva, una ricerca dato un possibile tema, una partecipazione ad una discussione in rete, o, perchè no, una scrittura di un diario…… Mi sembra che più la didattica è innovativa, più risulta obsoleto e inutile il vecchio sistema di voti. La formazione dovrebbe essere la cosa prioritaria, no? c’è chi è più veloce, chi trova più difficoltà…ma la scuola dovrebbe essere fatta soprattutto per questi ultimi, no? Lasciare il tempo, il modo, scoprire i propri talenti, lasciare che ognuno si esprima al suo meglio, tirar fuori le possibilità di ognuno, ognuno secondo le proprie. Amo la matematica e la magia dei numeri (come sapete già, mi interesso dei rapporti tra musica e matematica), ma….. come si fa a tradurre tutto questo, poi, in un numero da 1 a 10?